Carcinoma alla mammella: il passaggio ad un inibitore dell’aromatasi migliora la sopravvivenza


La superiorità degli inibitori dell’aromatasi di nuova generazione rispetto al Tamoxifene ( Nolvadex ) nel trattamento adiuvante del carcinoma mammario in fase precoce è emersa da diversi studi clinici randomizzati.
Tuttavia, finora non tutti gli studi hanno mostrato benefici sulla mortalità.

E’ stata compiuta un’analisi pooled ( congiunta ) di due studi clinici prospettici, randomizzati.
In entrambi gli studi, le donne che erano state precedentemente trattate con Tamoxifene per 2 o 3 anni sono state assegnate in modo casuale a continuare ad assumere Tamoxifene oppure a passare per altri 2-3 anni ad Aminoglutetimide ( Orimeten ) o ad Anastrozolo ( Arimidex ).

Agli studi hanno preso parte 828 donne in postmenopausa, nella maggior parte dei casi con tumore ER-positivo e linfonodo-positivo.
Di queste, 415 hanno continuato ad assumere Tamoxifene e 413 sono passate ad Aminoglutetimide o ad Anastrozolo.

La mortalità per tutte le cause ( hazard ratio, HR = 0.61; p = 0.007 ) e la mortalità specifica per il tumore alla mammella ( HR = 0.61; p = 0.025 ) si sono ridotte in modo significativo passando ad un inibitore dell’aromatasi.

Nessun aumento della mortalità non correlata al carcinoma mammario è stato registrato nelle donne che sono passate ad assumere un inibitore dell’aromatasi.

L’analisi multivariata ha mostrato che l’età delle pazienti, la dimensione del tumore, il trattamento allocato, lo stato linfonodale sono rimasti predittori indipendenti di mortalità.

Gli Autori hanno concluso affermando che il passaggio ad un inibitore dell’aromatasi dopo 2 o 3 anni di trattamento con Tamoxifene ha migliorato in modo significativo la sopravvivenza rispetto alla continuazione per altri 2-3 anni della terapia con Tamoxifene. ( Xagena_2007 )

Boccardo F et al, Cancer 2007; Early view




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