Tumore all'ovaio: PARP inibitori e Trabectedina


Il tumore all'ovaio non è un'unica neoplasia, ma sotto questo nome ricadono malattie eterogenee per istologia, morfologia, genetica, che comprendono anche i tumori dell'endometrio, del peritoneo e delle tube di Falloppio.
Nel 2014, l'Organizzazione mondiale della sanità ( OMS ) e l'International Federation of Gynecology and Obstetrics ( FIGO ) hanno pubblicato una nuova classificazione dei tumori dell'ovaio, in due gradi, basso e alto; i due tipi di tumore rispondono in maniera diversa alla chemioterapia.

I tumori di alto grado rappresentano circa il 70% dei casi: le caratteristiche biologiche includono mutazioni del gene TP53 e instabilità genomica. Questi tumori rispondono bene alla chemioterapia. Altri trattamenti possono includere terapie antiangiogeniche, farmaci che inibiscono la riparazione del DNA ( come i PARP inibitori ) e la radioterapia.

Per i tumori a basso grado e per tutti gli altri sottotipi, invece, non sono ancora stati validati trattamenti specifici.

I dati incoraggianti vengono dall'impiego dei PARP inibitori Niraparib ( studio di fase III NOVA ) indipendentemente dalla mutazione BRCA, e Olaparib nelle pazienti mutate e sensibili al Platino ( studio di fase III SOLO2 ), e l'aggiunta dell'anticorpo monoclonale Bevacizumab alla chemioterapia ( studio AURELIA ).

Nel corso del Congresso ASCO è stato presentato lo studio INOVATYON ( INternational OVArian cancer patients Trial with YONdelis ), che ha come obiettivo quello di valutare l'efficacia della sequenza Trabectedina / Platino nel ridurre il rischio di recidiva, che si verifica nel 70-80% dei casi.

La Trabectedina ( Yondelis ) è una molecola estratta da un piccolo invertebrato marino.

Lo studio INOVATYON, che ha coinvolto 598 pazienti in tutta Europa, desidera verificare la capacità della Trabectedina nell’aumentare la sensibilità alla tradizionale chemioterapia con il Platino.

La Trabectedina si è rivelata efficace e ben tollerata, anche per periodi molto lunghi e il suo utilizzo rappresenta una opzione nella terapia del carcinoma ovarico recidivante.
È un farmaco attivo anche in pazienti che hanno ricevuto diversi trattamenti precedenti e ha un profilo di sicurezza accettabile.
Il 30% delle pazienti parzialmente sensibili alla chemioterapia standard e il 44% di coloro che sviluppano reazioni allergiche al Platino in seconda linea quando c’è la recidiva possono giovarsi del beneficio aggiunto con Trabectedina e Doxorubicina liposomiale pegilata.

La Trabectedina ha la caratteristica unica di non avere una tossicità cumulativa, e questo la differenzia da altri chemioterapici, che vanno sospesi dopo un po’ perché non vengono più sopportati.
Le terapie convenzionali presentano invece tossicità cumulative e persistenti, come la tipica neurotossicità, piuttosto invalidante perché causa formicolii alle mani e ai piedi, crampi e dolori, difficoltà a percepire il terreno sotto i piedi come se si camminasse su un terreno instabile.
L’alternanza della combinazione con Trabectedina consente di smaltire le tossicità delle terapie precedenti e potrebbe incrementare l’efficacia antitumorale della strategia terapeutica. Inoltre questo trattamento non dà neuropatia e non fa perdere i capelli.

In Italia vivono oltre 45.000 donne con pregressa diagnosi di tumore dell’ovaio, il 2% di tutte le pazienti con tumore.
Oltre il 60% dei casi prevalenti ha affrontato la diagnosi da oltre 5 anni.
La proporzione maggiore di casi prevalenti si osserva nella fascia di età 60-74 anni ( 326 per 100.000 ).
Il carcinoma all'ovaio è responsabile ogni anno della morte di oltre 140.000 donne in tutto il mondo, oltre 3.000 in Italia.
Rientra tra le prime cinque cause di morte per tumore tra le donne in età inferiore a 50 anni ( quarto posto, 6% del totale dei decessi oncologici ) e tra le donne con 50-69 anni d’età.
La maggior parte dei tumori ovarici epiteliali è sporadica, tuttavia nel 5-10% si riscontra un pattern familiare o ereditario.
I fattori di rischio biomolecolari riguardano le mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2. Il gene BRCA1 e BRCA2 risultano mutati nel 15% delle pazienti con insorgenza del cancro entro i 70 anni ed è appannaggio delle forme sierose.
L’aggressività e la diagnosi spesso tardiva di questi tumori condizionano la prognosi: il 37% delle donne che hanno contratto un tumore dell’ovaio nella seconda metà degli anni duemila risulta ancora in vita a 5 anni dalla diagnosi. Rispetto al decennio precedente la speranza di vita appare comunque migliorata ( +4-5% ). ( Xagena_2017 )

Fonte: PharmaMar, 2017

Xagena_Medicina_2017